Gabbie o ali? (Nel mondo del lavoro) cosa preferisci? Recensioni by Simone Bigongiari - 28 Gennaio 202228 Gennaio 2022 Ho visto il film Tick Tick Boom su Netflix qualche giorno fa e ho deciso di scriverne una piccola riflessione. Questo breve testo non vuole essere una critica alla pregevole opera prima di Lin-Manuel Miranda, compositore delle colonne sonore Disney Oceania e Il ritorno di Mary Poppins. Ma non è neppure una recensione del valore artistico del film. E’ una riflessione che nasce dalle immagini che raccontano la vita di Jonathan Larson, compositore e autore di musical newyorkese attivo negli anni ‘90 e prematuramente scomparso a 36 anni per dissezione aortica provocata (forse) dalla sindrome di Marfan di cui era affetto. La storia narrata in questo film è un contenitore incredibile di punti di vista e stimoli su come concepiamo il lavoro e che valore ha nella nostra vita. Per Larson è stato lo scoprire e l’inseguire il suo talento, anche quando la sua vita, le relazioni, le amicizie, si stavano polverizzando. è un film che ti butta in faccia domande che non vorresti mai porti perché rispondere ad esse richiede molta, molta fatica e introspezione. Cos’è il lavoro per te? è un sogno? è una missione? è utilità? A che prezzo inseguirlo? Ci sono due scene che sottolineano l’imporsi di queste domande: nel bellissimo diverbio con la fidanzata e nel dialogo tra le strade di New York con l’amico di una vita. Come se gli unici due pilastri raccontati dal film venissero a mancare e non permettessero il raggiungimento degli obiettivi professionali prefissati: in questo caso lo workshop di presentazione del musical a cui Larson sta lavorando durante tutto l’evolversi della situazione presentata dal film. Anche nel momento teso, carico di emozioni e risolutivo del dialogo con Susan lui continua a pensare alla musica trasformando il tutto in note, nella canzone mancante, fulcro di tutta la storia. Quella canzone che idealizza la consapevolezza di possedere un grande talento e di doverlo assecondare per produrre il musical con il quale Larson si farà conoscere ai grandi protagonisti della scena di Broadway (SPOILER: anche se non riuscirà a trovare un produttore interessato a quello specifico musical, Superbia). Sembrerebbe un vero e proprio assecondamento del proprio daimon, per dirla secondo l’accezione utilizzata da James Hillman ne Il codice dell’anima. In una scena si assiste anche a uno scontro millenario, quello tra lavoro più razionale e lavoro creativo. Come se l’uno fosse più semplice e più immediato dell’altro. Se vuoi essere una persona di successo trovati un “vero” lavoro. Perché il lavoro creativo è ancora così bistrattato dai genitori o dalla generazione che rappresentano? Il lavoro creativo sembra appartenere sempre più ai disadattati, a coloro che hanno la testa perennemente tra le nuvole, a coloro che inseguono i propri sogni senza tenere conto di cosa può significare nella vita quotidiana. Il tutto viene riassunto da una bella canzone che grida “Avere paura o amare?” E quando abbiamo fatto la nostra personale scelta, dobbiamo lasciarci guidare dall’improvvisazione magistralmente comandata e gestita dalle emozioni che stiamo provando nel qui e ora e che vengono in nostro aiuto quando non sappiamo come reagire. Come a indicarci la via giusta da seguire, quella del nostro cuore e del nostro sesto senso. Nel brano finale invece canta “più e più volte finché non mi viene bene, torna in te, le difese non sono la soluzione”, come a volerci strattonare dal torpore quotidiano e indicare la via di perseguire il lavoro ben fatto e non accontentarti solo di lavorare. Fallo con passione perché solo così scoprirai fino a che punto devi e vuoi arrivare e soprattutto sarà questo approccio a farti scoprire che quello che conta è il viaggio e non la meta. Sono solo riflessioni, poste qui in questo breve scritto, ma talmente radicate nell’animo di ognuno di noi che questo bel film mi ha suscitato e a cui non riesco a trovare risposta. E tu? Hai ottenuto qualche risposta? Parte del testo (tradotto) della canzone “Louder than Words” Perché dovremmo cercare di dare il meglio, se possiamo fare il minimo e guadagnare lo stesso? Perché annuiamo anche se sappiamo che il capo ha torto marcio? Perché dovremmo segnare un percorso se il sentiero battuto sembra sicuro e così invitante? Come possiamo, mentre viaggiamo, vedere lo sgomento e continuare a trattenerci dal combattere? Gabbie o ali? Cosa preferisci? Chiedilo agli uccelli Aver paura o amare, baby non darmi una risposta I fatti contano molto più delle parole Molto più, molto di più Condividi:FacebookTwitterLinkedInTelegramWhatsAppMi piace:Mi piace Caricamento... Share on Facebook Share Share on TwitterTweet Share on LinkedIn Share