Tu sei qui
Home > Interviste > Nella matematica ci sono le chiavi del nostro futuro: intervista a Lorella Carimali

Nella matematica ci sono le chiavi del nostro futuro: intervista a Lorella Carimali

Ho realizzato una video intervista a Lorella Carimali, matematica, docente di matematica e fisica presso il Liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano, presidente di (R)evolution Associazione. Nel 2017 è stata premiata tra i dieci migliori insegnanti italiani dell’Italian Teacher Prize e nel 2018 è stata selezionata dalla Varkey Foundation tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, il Nobel per l’insegnamento. Scrittrice, ha pubblicato “La radice quadrata della vita” e “L’equazione della libertà

Di seguito la trascrizione:

Per iniziare mi piacerebbe chiederle di raccontarci un aneddoto della sua vita che ci permetta di conoscerla meglio al di là del suo lavoro e della scrittura.

Ciò che caratterizza la mia vita è quello di voler sempre lavorare insieme agli altri e alle altre. Questa volontà nasce dal fatto che io sono nata e cresciuta in un quartiere popolare periferico di Milano, nel cortile di una casa di ringhiera, dove si conviveva in tanti e, a quel tempo c’era molta emigrazione dal sud.

La domenica sentivi il profumo di tante pietanze diverse, che caratterizzavano le varie regioni, ma tutti erano accomunati da un unico profumo uguale, quello del caffè. Questa è l’idea di fondo quando penso alla matematica perché ha tante sfumature diverse, ma accomuna tutti come il caffè. Il caffè non ha confini né diversità culturali, religiose, ecc. Sono cresciuta senza la paura dell’altro perché l’altro per me era la risorsa.

Mi sono iscritta alla Facoltà di Matematica e dopo l’università ho avuto diverse proposte di lavoro ma ho scelto di insegnare senza tener conto del valore economico di questa professione. Considero il mio lavoro una missione sociale, ma non sono una missionaria. Ho fatto una scelta tra la ricchezza monetaria e la ricchezza dei rapporti umani. Ho scelto coscientemente per la ricchezza dei rapporti umani, ho scelto per me. Non avrei potuto fare un lavoro senza la componente sociale e senza essere insieme agli altri. Lo rifarei di nuovo. Inoltre credo che un milionesimo della realizzazione dei miei studenti e delle mie studentesse sia passata anche dall’incontro con me. Alla luce di questo posso dire che non mi sono realizzata solo una volta, come avrei fatto se avessi scelto un altro tipo di percorso, ma molte volte grazie a ogni studente e studentessa che ho avuto.

 

Ho conosciuto il suo pensiero al Nobilita Festival del 2020 e dopo aver letto il suo ultimo libro “L’equazione della libertà”. Come è nato questo progetto?

Viene fuori sempre la componente sociale: l’idea di migliorare il mondo con la matematica e con l’insegnamento. Non bastava più formare delle persone facendogli vedere altri mondi. Perché per me la classe è una comunità. In questo momento non bastava più la classe, per migliorare bisognava infondere un’idea diversa di matematica. Infatti il sottotitolo recita che nella matematica c’è la chiave della rinascita intesa come rinascita personale e del Paese intero. La matematica è vista, seguendo il retaggio culturale crociano e gentiliano, un insieme di procedure e soprattutto una disciplina di elite. Volevo far vedere qual è la sua vera connotazione. In questo momento abbiamo bisogno di visione e di messa a sistema di questa visione. Avremo bisogno della competenza di un pensiero matematico istintivo introiettato, come modo di affrontare la vita con spirito critico e fantasia. I problemi di oggi possono essere risolti andando nell’oltre. Dobbiamo mettere a sistema questo oltre. È ciò che fa la matematica: è creativa perché è simile all’artista che immagina mondi possibili, però è anche scientifica nelle metodologie perché ha la capacità di porre a sistema questa visione facendola diventare un teorema da mettere a servizio di tutte e tutti. Volevo urlare che la situazione c’è e occorre prendere una strada parallela e l’unico modo era scrivere. Il libro infatti può essere letto da un numero maggiore di persone.  Volevo dare un contributo per favorire una rinascita individuale in questo periodo storico per contribuire a una rinascita della collettività. Con i miei studenti ho fatto un’analogia e ho chiesto, quali sono gli assiomi della nostra società ovvero ciò che resterà sempre così e che condividiamo? Sono gli articoli della nostra Costituzione.

La matematica, da disciplina a competenza. Come avviene questo grande salto?

I ragazzi e le ragazze sono la mia speranza per un mondo migliore. Perché sono meno condizionati. Quello che volevo cercare di dire è che la creatività va allenata attraverso il pensiero matematico. Se penso all’insegnante con la cattedra io sto pensando a una società che non è democratica. Bisogna lavorare insieme alla classe, io imparo da loro e loro imparano da me. Un approccio umanistico alla matematica. Davanti una poesia si fa prima un’analisi tecnica come davanti a una formula. Successivamente nella poesia si cerca di trovare ciò che significa e ciò che vuole trasmettere a me. Lo stesso avviene con la matematica: cosa vuol dire quella formula e cosa vuol dire a me. Occorre andare oltre il cappotto esterno. I pesci rossi che crescono nella boccia, avranno sempre in mente la grandezza della boccia. Se vivessero nel mare imparerebbero a conoscere le profondità e la paura che necessariamente si porteranno dietro.

Ma alla fine la matematica cos’è? Come possiamo definirla? Disciplina? Arte? Libertà? Competenza? Opportunità? Quale anima vince?

Vinciamo tutti noi, tutti assieme. Se la matematica diventa questo modo automatico di affrontare la vita con spirito critico e fantasia ci permette di andare oltre gli stereotipi e i pregiudizi. Ho scritto quel libro per far capire come posso far diventare mia la matematica. Nella vita rischiamo di fare delle scelte che non sono nostre, e quindi non riusciremmo a viverla bene.  La matematica ci può insegnare ad andare in profondità di noi stessi e conoscere la nostra vera radice. Ecco perché il primo libro si chiama La radice quadrata della vita.

La radice quadrata esiste solo per valori positivi o uguali a zero del radicando. Il radicando è la vita. Se la matematica diventa un modo istintivo di agire, rendiamo la nostra vita positiva. Come durante la scuola guida, all’inizio non facevo altro che pensare tutte le tecniche che dovevo attuare. Dopo è diventato tutto istintivo. La stessa cosa deve succedere con la matematica. Per esempio se devo risolvere un problema con mio padre, posso analizzare il sistema, vedere quali sono i dati fondamentali e quelli accessori e creare una strategia su quelli fondamentali. Se questo diventa automatico, riesco a risolvere più facilmente e in modo più efficace i problemi e le varie situazioni compliate.

Qual è il suo punto di vista sulla scuola italiana. A che punto siamo?

Io credo che la pandemia abbia svelato tutte le nostre fragilità. La scuola è rimasta, a livello normativo, a quella di cento anni fa.  Occorre ripensare tutto. Immaginiamo di avere un puzzle montato, finito, e che un terremoto scomponga il tutto. La nostra tendenza sarà quella di provare a ricostruirlo come prima, ma molti pezzi sono danneggiati e dobbiamo trovare necessariamente altri modi per ricostruire e creare una nuova composizione.

Occorre ripensare la scuola come pubblica e non come un’azienda. Un’organizzazione efficace non vuol dire un’organizzazione per forza aziendale. Si deve trovare un’organizzazione propria tenendo presente che la scuola è una comunità. E in quanto comunità è un insieme di persone. Dobbiamo costruire la scuola sulle persone che ci stanno dentro: un modello democratico alla pari di una comunità che apprende con una valorizzazione della figura dell’insegnante. La prima cosa che farei è quella di dare un riconoscimento all’insegnante facendo una contrattazione separata che non è nel comparto statale dove sono tutti gli operatori dello stato.

L’insegnante ha un certo tipo di specificità, tu rispondi ai tuoi obiettivi come persona intellettuale considerando i tuoi studenti come una risorsa. I ragazzi e le ragazze devono passare dall’essere spettatori ad attori. Non abbiamo bisogno della suddivisione in grandi steccati dividendo le materie umanistiche a quelle STEM. Abbiamo bisogno nella scuola di integrazione e di comunità sviluppando un pensiero unico e complesso.

Che consiglio darebbe ai giovani che stanno cercando un loro posto nel mondo del lavoro?

Provare a conoscere se stessi e se stesse. Gli strumenti culturali ci sono e vengono offerti da più parti. Nell’amore, nel lavoro, nella vita giocatevi il tutto per tutto. Senza paura, mettetevi in gioco, anche se 9 volte su 10 avrete una delusione. La decima volta sarà quella che vi ripagherà tutte le altre nove volte. Uno studente una volta alzò la mano e disse: Prof, ma quando si è alla quinta, com’è dura arrivare alla decima! Ed è realmente così.  Inoltre devono fare una scelta su quello che vogliono fare pensando se preferiscono un lavoro fatto da soli oppure fatto insieme agli altri. Ci sono studi in cui tu devi incamerare molte cose, oppure in cui è prevalente l’analisi. Riporto sempre una frase di Adriano Olivetti che sento molto mia:

Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.

Lascia un commento

Top
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: