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Il cerchio dei traditori, dove efficacia non fa rima con fiducia

Ci troviamo nel nono e ultimo cerchio dell’Inferno, il luogo dei traditori. Sono coloro che sono più vicini a Lucifero, il primo grande traditore. Ma chi potrebbero essere oggi, nel mondo del lavoro, queste persone voltafaccia?

Per rispondere dobbiamo capire perché si tradisce e quale sono le motivazioni che portano a questo comportamento.

Preferisco non entrare in un’analisi di origine psicologica, ma sicuramente il tradimento ha origine da sentimenti negativi o resi tali, come invidia, insoddisfazione, ambizione sfrenata, possibilità di migliorare la propria vita facilmente o pura e semplice cattiveria. Ma anche desiderio di appartenere a qualcosa di diverso

Il tradimento può avere origine solo se ci sentiamo parte di qualcosa: di una relazione, di uno status professionale, di “essere collega di”, o il semplice far parte di un’organizzazione professionale. 

Il tradimento è quindi quell’azione che, se emerge, mina fortemente il rapporto di fiducia con l’azienda, con il collega o con i clienti

Dante individua le zone dove collocare alcuni traditori emblematici: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca. Nella prima stanno i traditori della patria, nella seconda i traditori degli ospiti, nella terza quelli dei parenti, e nell’ultima i traditori dei benefattori. 

Come possiamo rivedere la geografia dell’ultimo cerchio dell’Inferno nel lavoro? Sicuramente nella prima zona ci saranno i traditori dell’azienda, dei suoi valori, delle sue organizzazioni. Nella seconda zona gli ospiti saranno i clienti, nella terza i parenti diventano i rapporti familiari e i colleghi, nell’ultima i benefattori sono tutti coloro che per passione o entusiasmo donano gratuitamente i propri talenti e la loro opera.

Troveremo quindi tra i traditori della patria chiunque tradisce in primis se stesso, i propri valori, le proprie credenze. Tutto per la semplice ragione di “passarci bene” agli occhi degli altri e far notare un comportamento piacente nei confronti dei colleghi o dei capi solo per ottenere consensi. Venir meno ai propri valori significa corrompere se stessi e il nostro operato all’interno di un’azienda. Se siamo in un’organizzazione dovremmo il più possibile esercitare i nostri talenti per il bene comune, quindi si esige in primis rispetto per se stessi. Questo significa che rispettando se stessi rispettiamo l’azienda.

I traditori degli ospiti, nella zona successiva, sono coloro che raggirano potenziali interessati per trasformarli in clienti. Sono quelli che si definiscono guru, coloro che si autocelebrano con piani di personal branding che prevedono onnipresenza sui social: chi utilizza strategie di marketing subdole solo per accrescere celebrità e portfolio clienti. Il loro ambiente prediletto sono i social e tutte le pratiche che permettono di fare funnel marketing in modo aggressivo.

Nella terza zona ci sono molti genitori, che tarpano le ali ai propri figli perché il loro destino è segnato nell’impresa di famiglia. Oppure costretti da mentalità retrograde a dover svolgere un lavoro già deciso in anticipo perché meglio si accosta alla loro posizione nella società. Ma in questa categoria rientrano anche le “famiglie” intese come gruppo di lavoro, come organizzazioni aziendali. Si parla quindi dei tradimenti che avvengono tra i colleghi, finalizzati soprattutto a distruggere la reputazione altrui per proprio tornaconto o per togliere dal “campo”, agli occhi del capo, eventuali colleghi validi e per questo ingombranti. Tutto per emergere e avanzare nella carriera in modo meschino.

I tradimenti peggiori sono però quelli attuati contro le persone che offrono incondizionatamente un supporto o un aiuto agli altri colleghi, ai capi o all’azienda e donano molto tempo senza che sia riconosciuto a loro un valore monetario. Tra questi traditori ci sono anche gli imprenditori che utilizzano gli stage in malo modo, sfruttando la possibilità di avere lavoro gratuito senza riconoscere un rimborso economico, oppure un impiego futuro al termine, talvolta con l’aggravante che, in fase di colloquio fanno invece prospettare una rosea carriera all’interno dell’azienda.

Questo excursus nell’inferno del mondo del lavoro ci fa capire una cosa: solo con la chiarezza, la trasparenza e la bontà di spirito si possono affrontare le difficoltà del nostro impiego. Ed è solo in questo caso che si può parlare di lavoro ben fatto, di lavoro con la L maiuscola, di lavoro come strumento capace di dare dignità alla propria persona. Fuggire da un mondo corrotto e che corrompe richiede pazienza e tenacia e significa affrontare il lavoro di petto, ridonargli il suo valore e riconoscendogli la sua grande utilità sociale.

E quindi uscimmo a riveder le stelle

Dante – Inferno XXXIV, 139

Photo by Elijah Hiett on Unsplash

Edited by Riccardo Bonuccelli

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