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Il metodo agile per favorire l’intelligenza collettiva e la produttività aziendale: intervista a Deborah Ghisolfi

Uno dei temi caldi di cui sentiamo parlare spesso è relativo a una nuova forma di approccio nelle organizzazioni aziendali. Si tratta dell’agile marketing. Ho parlato con una delle massime esperte in Italia sull’argomento, Deborah Ghisolfi, su cosa consiste e quali sono le basi di questo metodo innovativo: 

Mi piacerebbe che ti presentassi ai lettori de La Divina Carriera raccontando chi è Deborah Ghisolfi a prescindere dal suo lavoro.

Sono una mamma affidataria che ha avuto l’onore di poter vivere in una famiglia allargata fatta da due mamme, due papà, tre figli di cui due fratelli Simone e Maddalena che non vivono nella stessa casa e Stephane, Ivoriano. A loro si sono aggiunti nel tempo Thomas, Brenda e Kelsey dall’Australia grazie alla nostra voglia di creare una famiglia dove la multiculturalità è di casa. Pratico il Nordic Walking e sono una divoratrice di romanzi.

Ora invece iniziamo a definire meglio il tuo ambito professionale. Qual è il tuo background?

Sono un ex IT Manager che ha scoperto quanto sia bella le tecnologia utilizzata per creare relazioni e per far lavorare bene e in sintonia le persone. Per questo piano piano mi sono avvicinata al Marketing, soprattutto quello digitale, che oggi è, insieme all’organizzazione aziendale, una delle mie passioni.

Come sei diventata una delle massime esperte di Agile Marketing?

Devo ringraziare il mio mentore Andrea Provaglio, che nel 2004 gettò i semi della business agility nell’azienda in cui allora lavoravo. All’inizio non avevo ben compreso cosa fosse e come poteva aiutare in modo concreto l’azienda e il Team di lavoro. L’avevo scambiato, come spesso accade, per un metodo di lavoro e invece ho capito, qualche anno dopo, che si tratta di una trasformazione culturale profonda che parte dall’individuo, si trasmette al team e poi a tutta l’azienda e i clienti lo percepiscono. Ho studiato, approfondito e nel 2016 ho tenuto all’Agile Business Day il mio primo speech sul tema. Nel 2019, grazie alla collaborazione con il Consorzio Internazionale ICAgile sono diventata il primo trainer italiano di Agile applicato ai team di Marketing. Ho fondato un’azienda e oggi, insieme ad altri trainer che si muovono in Nord Europa e che ho formato personalmente, ho costruito un network  che si occupa di corsi e consulenze. Pensa che abbiamo fatto un corso anche in Giappone.

Che cos’è l’Agile Marketing e perché è così importante nelle organizzazioni aziendali attuali?

La rapida evoluzione di tecniche e tecnologie di coinvolgimento dei clienti e l’innovazione che ispirano, mettono le aziende a rischio di essere sorpassate da concorrenti ben focalizzati sulle esigenze del mercato.
Le ricerche stanno evidenziando che molti manager falliscono nel raggiungimento dei nuovi obiettivi aziendali perché dipendono troppo da ciò che ha reso possibile il successo in passato, piuttosto che imparare nuovi modelli e stili di lavoro necessari  a cavalcare la nuova situazione di mercato. Come fare? E’ fondamentale passare ad un differente modello organizzativo, in cui i vertici dettano le linee guida entro cui tutti si muovono, certo, ma con opportuni livelli di delega, evitando quindi i colli di bottiglia. Responsabilizzare le persone diventa fondamentale così come allineare tutti sulla nuova cultura che evidenzia gli obiettivi da raggiungere e non l’elenco delle attività da svolgere ogni giorno. Partire in piccolo e fare ampio uso di dati e feedback è a mio avviso il modo più sano di approcciare questo aspetto. Ecco allora che, nei team di Marketing, diventa fondamentale utilizzare strumenti visivi per gestire il modello di business, la proposta commerciale e segmentare le campagne in step via via sempre più efficaci. E’ importante che il team di Marketing si affianchi allo sviluppo prodotto nel disegno della strategia. L’area vendita e il customer care avranno via via sempre più un ruolo attivo nel marketing. Che impatto ha un ragionamento di questo tipo? Organizzativo e culturale. Ecco: diciamo che il mio ruolo in azienda è accompagnare con metodo i team a trasformarsi da gruppi di lavoro a squadre vere e proprie che giocano insieme una grande partita.

Quindi l’approccio “agile” è più uno stile di vita che un metodo di lavoro, un processo di facilitazione che aiuta l’organizzazione? Siamo abituati nella gestione di progetti ad approcciarsi a strumenti molto limitati, rigidi che dicono esattamente cosa dobbiamo fare, in che tempi e in che modalità come per esempio il diagramma di GANTT, il WBS Work Breakdown Structure, e molti altri. È quindi la fine di un’epoca? Il futuro sarà più agile?

Simone hai capito perfettamente. E’ una sfida perché la nostra cultura aziendale ha ancora paura di dirsi “abbiamo sbagliato” oppure è ancorata a visualizzazioni che sono comunque dei calendari mentre io, ad esempio, uso delle mappe con i fumetti, mettendo al centro un omino che rappresenta il cliente. Uso i colori, i pennarelli, i cartelloni. Il mio libro è pieno di immagini, colori, dettagli da completare ma soprattutto è in vendita senza essere ancora completato. Qualcuno direbbe che non ha senso. Per un’agilità invece è normale. Ho scelto appositamente un sistema di pubblicazione digitale per inserire con regolarità gli aggiornamenti che chi ha acquistato il libro può scaricare e solo quando  i feedback dei miei lettori mi diranno che è chiaro, completo e ricco di esempi, lo pubblicherò in formato cartaceo. Questo credo sia un bell’esempio di che cosa significa agilità. 

Vedo questo approccio molto in linea con le esigenze delle grandi aziende, anzi credo che il processo agile sia stato pensato e realizzato laddove c’è una grande diversità di persone e metodi di lavoro. Come si riuscirà a far sì che questo nuovo approccio possa applicarsi anche ai contesti quotidiani di micro e piccole imprese?

Sono felice che tu mi abbia fatto questa domanda perché io ho già cominciato a sensibilizzare questo approccio sia nelle piccole imprese grazie sia al supporto del Polo Tecnologico di Cremona, la piccola città in cui vivo, che sostenendo ogni anno un progetto fra quelli che si rivolgono alla formazione degli under 30, che, di fatto, sono i manager di domani. È importante che la cultura venga capita e calata nel contesto aziendale Italiano, indipendentemente dalla dimensione dell’azienda in cui si opera. Non è sempre e solo una questione di budget, per me è più una questione di volontà. A volte chi ha più disponibilità lascia che le cose vadano un po’ come si riesce, chi ha meno risorse tende a concentrarle e a rendere il tutto più sentito e valorizzato. La cosa che ho notato negli ultimi 2 anni è che la buona riuscita del progetto spesso passa da HR e da C-Level che ne hanno davvero compreso la portata e che spesso mi chiedono di attivare sessioni di coaching anche per loro. La trasformazione, infatti, lo sottolineo, non può avvenire solo nei team di lavoro: deve permeare pian piano tutte le figure professionali, anche il CEO.

Quanto tempo ci vorrà?

Se tieni conto che nello sviluppo software se ne parla dal 2001 e ancora ci sono aziende che non lo mettono in pratica mi auguro che nelle aree di business il processo di inserimento sia più veloce. Ad oggi, secondo fonti McKinsey, meno del 5% delle aziende italiane sanno che è possibile lavorare in modo più efficace, con attenzione ai bisogni del cliente e soprattutto che è venuto il momento di pensare ad un marketing di servizio al cliente interno ed esterno, anziché a un solo marketing di prodotto. Mi auguro di vedere un incremento nei prossimi cinque anni, grazie anche alla community italiana che sta portando avanti con tangibili progressi il movimento.

Se una persona vuol cambiare la sua mentalità e renderla “agile” presumo che debba possedere alcune delle competenze trasversali che più si allineano a questo processo di trasformazione. Quali sono le più importanti per raggiungere lo scopo?

A mio avviso la forza di volontà è qualcosa di imprescindibile. Imparare a dire “voglio” invece di “devo” e lavorare su se stessi per creare un ambiente in cui ognuno diventa facilitatore del proprio lavoro e di quello  dei colleghi non è cosa banale. Chi lavora in un contesto Agile impara a “Cercare dentro di sé”. La competenza emotiva, intesa come la capacità di gestire e regolare le proprie emozioni per affrontare le diverse situazioni che si propongono, permette di intraprendere relazioni positive con gli altri e di favorire comportamenti inclusivi.
Lavorare in un Team Agile favorisce l’intelligenza collettiva espandendo la capacità produttiva del team perché libera i singoli dalle limitazioni della propria memoria e consente al gruppo di affidarsi a una gamma più vasta di competenze infatti: “Nessuno sa tutto, ognuno sa Qualcosa” e si mette a fatto comune.

Mi piace terminare sempre ogni intervista nel chiedere un consiglio da lasciare ai giovani che desiderano intraprendere questo tipo di carriera. Quali sono gli studi migliori che preparano a lavorare in questo ambito? E come si diventa agile manager?

In Università questo tipo di materia non è ancora entrata nel percorso “ufficiale” anche se l’Università Cà Foscari e la Bocconi stanno inserendo Agile in seminari e contesti di innovazione organizzativa e tecnologica. Diciamo che un background tecnico può aiutare ma ciò che a mio avviso conta di più sono la capacità di ascolto e focalizzazione sugli obiettivi. Per iniziare consiglio di seguire la comunità Agile Business Day di cui faccio parte e che quest’anno a marzo proporrà anche una giornata specifica dedicata alle persone. Interessanti sono anche i meetup di Agile4Italy e Officina Agile. In Lombardia ci sono opportunità interessanti di formazione come i ripercorsi formativi che la mia azienda propone e che organizziamo anche in sinergia con Agile Business Day.

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