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Il lavoro del futuro o il futuro del lavoro?

Nella splendida cornice di Vetrya Academy a Orvieto, ho assistito alla presentazione dell’ultimo libro di Luca De Biase, Il futuro del lavoro. È stata un’occasione per l’autore di raccontare la sua visione e il suo punto di vista su quello che ci aspetterà in futuro e il panorama che si prospetta è allo stesso tempo “appassionante e spaventoso”. 

La sala gremita era composta principalmente da studenti e il dibattito, introdotto da Luca Tomassini, CEO di Vetrya e moderato da un appassionato Massimo Chiriatti, è stato più volte indirizzato a loro in maniera più o meno esplicita.

A completare il palco anche un sempre ispirato Marco Bentivogli, segretario generale di FIM e Cisl, che ci fa recuperare la fiducia nel ruolo del sindacato non solo nella tutela dei lavoratori, ma anche nell’attività, talvolta sconosciuta, dell’orientamento al lavoro dei giovani.

Il lavoro del futuro, è una lettura a cui mi sono dedicato già da un po’ di tempo, dalla data di uscita. Si tratta di un’opera di facile lettura, indicata anche a persone non molto preparate sugli aspetti più tecnici del lavoro e che si approcciano in qualità di semplici curiosi all’argomento. Dietro la redazione del libro c’è un grande lavoro di interviste e di raccolta dati ed è proprio questa ricerca che rende l’opera unica e interessante per entrare nel dibattito più caldo dei tempi attuali, su cui i quotidiani riempiono pagine e pagine (sempre più spesso a casaccio).

E l’operazione ha permesso di avere una fotografia di quello che è il lavoro oggi e delle possibilità che potrebbero scaturire in quello di domani, non senza le dovute ansie dovute al fatto di essere in grado o meno di agire a questi importante cambiamento.

Tre sono le cose che mi hanno colpito particolarmente del libro:

  • L’accento che si pone sull’elemento umano come chiave del successo della nuova rivoluzione industriale alle porte. Più si parla di robotica, di intelligenza artificiale, di sistemi informatici e più l’uomo è chiamato a gestire questi processi, a fare da mediatore tra questi mezzi e a riscoprire il suo valore e il suo apporto al processo produttivo. Finalmente dopo anni di lotte sindacali si può iniziare a parlare di umanesimo del lavoro.
  • L’interessante confronto sull’evoluzione (o la riscoperta) delle competenze utili per affrontare il cambiamento epocale: l’alfabetizzazione digitale, le caratteristiche manageriali, la rapidità delle risposte, la collaborazione, l’innovazione (quella vera!), l’autonomia decisionale (vedi a pagina 55-56 il virgolettato di Enrico Terenzoni di EY). L’assunto sembra suggerirci che prima dovremmo puntare lo sguardo su queste competenze trasversali e solo in seguito possiamo parlare di skills specialistiche e di mismatch.
  • L’importanza data all’orientamento professionale per i giovani e le grandi incognite sul ruolo dell’università e della scuola in questo processo. Solo con un mutamento decisivo delle dinamiche formative attuali potremmo stare al passo con la rivoluzione. Siamo quindi chiamati a puntare alla creazione di una prospettiva culturale che è alla base di questo processo di cambiamento in atto.

L’evento di presentazione è stato l’occasione di affrontare e approfondire alcuni di questi argomenti attraverso il punto di vista degli ospiti che hanno offerto il loro contributo al dibattito generale, molto sentito anche dal pubblico presente.

Alcuni spunti di riflessione interessanti che sono emersi sono stati aspetti già presenti nel libro, ma anche nuovi pensieri:

  • Marco Bentivogli che parla di skill mismatch ed evidenzia che nei territori in cui si ha meno questo disallineamento, c’è naturalmente meno disoccupazione e soprattutto un ambiente professionale più gradevole per il lavoratore. Il World Economic Forum afferma che i giovani che iniziano a lavorare cambieranno almeno sette imprese nell’arco della loro vita professionale e il diritto alla formazione interna aziendale sarà uno dei valori su cui le imprese dovranno investire per rendere meno impattanti questi cambiamenti a livello economico.
  • Le considerazioni sulle soft e hard skills di Luca De Biase che afferma che un giovane oggi deve comprendere prima di ogni altra cosa dove è, dove va e perché, ovvero quale sarà il suo posto nel mondo. Le domande che si pongono oggi in realtà non sono queste, ma “dove vanno i miei amici?”,“che percorsi di studi scelgono?”, “cosa mi piace fare?”. Sembra quasi che quando i giovani vengono stimolati a farsi queste domande e soprattutto quando vogliamo lanciar loro dei messaggi sul futuro del lavoro e su quello che si troveranno ad affrontare, ci vogliano comunicare “vorrei non essere disturbato” (che mi ricorda molto il “preferirei di no” di Barthley, lo scrivano). Inoltre pone l’accento sull’orientamento professionale definendolo un orientamento rivolto all’individuo presente in una comunità e non deve essere concepito unicamente come un orientamento individualistico e privato.
  • I tre modi di sviluppare le capacità indicati da Luca De Biase: quello riferito all’economia della conoscenza, dove il valore economico viene dato dalla caratteristica immateriale di un prodotto o servizio (narrazione, design, marchio, ricerca), quello all’economia della cura (o della felicità) che si rivolge ai professionisti che si prendono cura delle persone e che sviluppa l’amicizia, l’identità sociale, le relazioni sociali e la cura dell’ambiente e quello della gig economy, ovvero dei cosiddetti “lavoretti” messi a regime grazie a piattaforme di mediazione.

Il quadro del lavoro del futuro rimane comunque piuttosto nebuloso, non per pigrizia sociale o per mancanza di informazioni, ma per l’assenza di una chiave di lettura univoca ai tanti aspetti che il lavoro porta con sé e soprattutto per uno scoglio culturale. Resta però la certezza che siamo tutti responsabili nell’attivare correttamente questo cambiamento, perché il lavoro del futuro non è altro che qui e ora come afferma Osvaldo Danzi, presente in sala e chiamato da Chiriatti a intervenire. E il qui e ora è l’occasione che non dobbiamo lasciar sprecata. Ed è il grande mutamento di prospettiva di cui l’Italia avrebbe bisogno.

La sede di Vetrya Academy
La sede di Vetrya
Hall di Vetrya Academy
Hall di Vetrya Academy
Stanza multimediale di Vetrya Academy
Biblioteca e stanza museo di Vetrya Academy
Corridoio Vetrya Academy
Stanza del Digital Detox a Vetrya Academy
Il palco della presentazione: da sinistra Luca De Biase, Marco Bentivogli, Luca Tomassini, Massimo Chiriatti

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